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TRAMUDAS, I SENTIERI DELLA TRANSUMANZA

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Anche le antiche vie dei pastori diventano occasione di recupero dei valori, della storia e dei saperi della nostra terra: un'opportunità di sviluppo turistico attraverso la Rete (ciclo-)Escursionistica della Sardegna (RES).

Tramudas, un patrimonio storico da recuperare attraverso la R.E.S.

La transumanza (dal latino transumere, "trasportare" - “sa tramuda” in sardo) era il trasferimento a cadenza stagionale di greggi o mandrie di bestiame dalle zone collinari e montane a quelle di pianura, verso il clima temperato dal mare.  Un trasferimento che avveniva lungo i tratturi per la discesa dei monti (àndalas o camìnos) ossia lungo sentieri pietrosi o in terra battuta originati spontaneamente dal calpestio degli animali o delle persone, e che letteralmente innervano ancora il nostro territorio, in una fitta rete di percorsi fantastici che la vegetazione, avanzando, rischia di far scomparire. Al pari degli antichi percorsi dei carbonai e dei taglia-legna (testimoni di una triste fase di disboscamenti della nostra isola nei secoli scorsi) sono segni indelebili della nostra storia, che la Regione potrà valorizzare anche attraverso la R.E.S.

Nel Regolamento tecnico regionale (Linee Guida per lo sviluppo e gestione della RES - Allegato A "definizioni") le vie della la transumanza sono infatti già definite ufficialmente:

Luoghi strategici della cultura materiale dei territori -  sono luoghi fisici e concettuali attraverso cui si sviluppa una pratica pastorale, ancora esistente su più continenti, legata alla migrazione stagionale delle mandrie, delle greggi e dei pastori. Le vie della transumanza sono luoghi di scambio, attraversano luoghi naturali, borghi rurali, emergenze ambientali e storiche, paesaggi caratterizzati da tradizioni, saperi, prodotti della vita delle comunità locali. Le vie della transumanza superano i confini territoriali e costituiscono una rete di itinerari transfrontalieri capace di integrare e integrarsi con le differenti risorse ambientali, culturali storiche e contemporanee, sociali, produttive e percettive presenti lungo i territori attraversati.  

Secondo le norme tecniche approvate dalla Regione Sardegna per la sentieristica, l'integrazione delle vie della transumanza è inoltre tra le priorità della R.E.S. in ordine al riconoscimento di elevati valori storico-culturali e paesaggistici, strategici per la qualità escursionistica e culturale dei percorsi inclusi nel Catasto Regionale gestito da Forestas.

Fondi europei trasnfrontalieri per il recupero delle vie di trasnumanza "corridoi culturali"

Anche di questi aspetti si è parlato a Villagrande Strisaili, lo scorso giovedì 13 ottobre, nell'ambito del convegno sugli itinerari della transumanza, organizzato grazie al progetto Interreg "Cambio Via" con la cooperazione di Sardegna, Corsica, Liguria e Toscana per la creazione di una Green Community della transumanza tesa a valorizzare i cammini regionali e metterli in rete a livello transfrontaliero. La principale ricaduta per la Sardegna è lo studio storico-culturale per il recupero degli antichi tracciati e della biodiversità agro-pastorale e dei prodotti della transumanza nell'Isola.  Le vie della transumanza sono quindi identificate dalla ricerca, come corridoi culturali che attraversano differenti ambiti di paesaggio di importanza locale e territoriale. Le numerose direttrici, come evidenziano anche le fonti storiche, costituiscono una sotto-rete sentieristica di connessione tra regioni storico-ambientali dei territori montani e costieri. Si può riconoscere l’importanza dei servizi ecosistemici legati al patrimonio naturale e culturale che danno vita ad ambiti territoriali strategici.

Nel piano triennale di sviluppo della Rete Escursionistica

Forestas assicurerà nel prossimo triennio, collaborando con i vari soggetti territoriali (province, Comuni, GAL) la valorizzazione di questi percorsi da includere nel piano triennale di sviluppo della Rete Escursionistica della Sardegna.

Dalla montagna alla pianura, e viceversa

Il “viaggio” stagionale dei pastori del Gennargentu, del Supramonte, del Montalbo che conducevano le loro greggi, prima dell’inverno, nel Campidano e nelle altre pianure dell’isola era una autentica avventura che - fino agli anni Cinquanta del secolo scorso - animava strade e sentieri anche nella nostra isola. Tradizione interrotta dalla modernizzazione, fino alla motorizzazione di massa che ha rivoluzionato anche gli stili di vita della comunità pastorale. Una “catastrofe antropologica” che per gli studiosi di scienze sociali ha disperso saperi ancestrali profondamente trasformati dalla modernizzazione. Il recupero di questi itinerari può diventare occasione di sviluppo locale: la pastorizia e la transumanza pastorale sono state per secoli una colonna dell'economia isolana più arcaica, che ha conservato alcune caratteristici stili di vita dalla Preistoria all’età contemporanea. Per questo conoscere il fenomeno della transumanza significa preservare uno sguardo storico su una componente dell’identità culturale della Sardegna.

TRANSUMANZA e SALE (un alimento indispensabile, raro in montagna)   

La transumanza cominciava a settembre, con il primo fresco autunnale che anticipava i rigori dell'inverno (gli animali venivano trasferiti a piedi dalle zone di montagna verso il mare o la pianura) e finiva a maggio, con il ritorno del caldo. Le mete erano preferibilmente vaste aree pianeggianti esposte al mare, prive di agricoltura, dove i pascoli erano particolarmente ricchi di sale: questo elemento era fondamentale per riequilibrare l’alimentazione delle pecore. I pascoli di fondo valle, specie se vicino al mare e ricavati in strette vallate racchiuse da creste rocciose, offrivano terreni argillosi e irrorati dalla brezza marina proveniente dalle coste, dove salsedine e salinità dei suoli offrivano erbe aromatiche assai diverse dalla montagna, e sempre disponibili durante la stagione fredda.  Chi non poteva colmare il fabbisogno di sale per le greggi con la transumanza verso il mare, ricorreva alla cosiddetta perda 'e sali: si trattava di pesanti blocchi di sale per ovini (noto anche come "sale pastorizio") che si appendevano nelle aree di ricovero (specie per le capre) affinchè potesse essere leccato per recuperare questo essenziale nutrimento, che fino ad esaurimento restava appeso a una corda con un ferro passante per il suo centro (tale da permetterne la rotazione)...il risultato era una blocco via via arrotondato dalle "leccate" degli animali e che assumeva una caratteristica forma a ciambella, che si assottigliava sempre più.  Anche di questo fatto, resta memoria nei toponimi sardi: ad esempio la omonima località sul mare tra Sarroch e Pula. 

Verso le pianure, verso il mare

I pastori sardi sceglievano perciò le pianure saline e paludose del Campidano, il Sulcis e il Cagliaritano a sud e l’Oristanese a Ovest; la Baronia e la Media Gallura a Est; la Nurra a Nord.

Lungo le andalas (anticamente regolate da particolari leggi non scritte) i pastori cercavano aree di sosta e ricoveri per gli animali, al riparo da attacchi dei banditi. Nell'attraversare i centri abitati smerciavano i prodotti (latte, formaggio, lana, pelli) stabilendo relazioni durature con le popolazioni.  In luoghi riparati presso i boschi, le grotte e i corsi d’acqua si costruivano rifugi temporanei, recinti e temporanei ovili che ancora oggi lasciano i segni indelebili per chi sa leggere il territorio. In questi luoghi-tappa si ritrovano ancora oggi rifugi in pietra o in legno, recinzioni per le greggi e bivacchi per il temporaneo ristoro dei pastori. In alcuni casi, specie nel Campidano, quegli stessi accampamenti stagionali si trastormarono nel tempo in piccoli villaggi, dove l’edificazione di punti d'appoggio favorì via via la concentrazione sempre più stabile di persone nei luoghi di transito: così da villaggi stagionali si passa a "centri abitati" stabilmente. Di alcune di queste tappe, luoghi ormai scomparsi, restano flebili tracce, mentre altre sono tuttora presenti e sono divenuti paesi "veri e propri" o frazioni e villaggi ancora abitati. 

Transumanze, conflitti, evoluzioni storiche

Anche in Sardegna la storia della transumanza risente della successione storica dei conquistatori: si potrebbero citare le invasioni cartaginesi e romane che costrinsero i nuragici a trasferirsi nelle alture del centro Sardegna, e poi l’espansione agricola che portò a sovrapporre l'attività di pastori e contadini in una coesistenza che talvolta diventava conflitto, per rivendicare transiti e proprietà.
Esistono documenti storici del I secolo d.C. sui conflitti (ad esempio nei territori di Esterzili) tra pastori sardi e agricoltori per la transumanza. Con l’Editto delle chiudende (1820) e dopo l’Unità d’Italia (1861) i pastori saranno sempre più limitati nei loro spostamenti ma la transumanza resterà pratica diffusa in tutta la Sardegna fino agli anni ’70 del Novecento, prima di essere definitivamente soppiantata dall’industrializzazione.

Ma gli antichi sentieri restano là, in attesa di un recupero, per ritornare come volano di un nuovo sviluppo economico basato sul turismo attivo e sull'escursionismo: il camminare recupererà forse un valore economico e sociale, ma anche spirituale e culturale, nei nostri tempi?