Incrocio C 551 - C 551A
Punto di partenza della diramazione C 551A, che porta a San Sebastiano.
Sentieri per tutti...in questa categoria rientrano i sentieri progettati o riadattati perchè il contatto con l'ambiente naturale sia sempre di stimolo al miglioramento della vita personale di chiunque, con attenzione alle condizioni di disabilità motoria, sensoriale o della sfera psichica e relazionale...
Image credits Sardegna Digital Library Regione Sardegna
Punto di partenza della diramazione C 551A, che porta a San Sebastiano.
San Sebastiano Rural Church, the arrival point of trail C 551A
Chiesa campestre di San Sebastiano, punto di arrivo del sentiero C 551A
Betilli Station is a railway stop located in the municipality of Esterzili, along the Mandas-Arbatax line, used exclusively for the Trenino Verde tourist services.
It represents the arrival point of trail C 551, which starts from Esterzili.
It is nestled in the Bettili forest, located in the Barbagia di Seulo, southwest of the town of Esterzili, downstream from a limestone plateau at the base of which the Nuluttu river flows. It is an ancient forest whose flora is characterized by the presence of holm oaks, cork oaks, downy oaks, and Mediterranean scrub shrubs such as mastic, juniper, strawberry tree, wild olive, viburnum, and heather. During spring, you can admire beautiful blooms of peonies, cyclamen, and wild orchids. As for the fauna, it is possible to spot the weasel, marten, fox, wild boar, red woodpecker, and numerous diurnal and nocturnal birds of prey.
La stazione di Betilli è una fermata ferroviaria presente nel comune di Esterzili, posta lungo la linea Mandas-Arbatax, utilizzata esclusivamente per i servizi turistici del Trenino Verde.
Rappresenta il punto di arrivo del sentiero C 551 che parte da Esterzili.
E' immersa nella foresta di Bettili, si trova nella Barbagia di Seulo a sud-ovest rispetto al centro abitato di Esterzili, a valle di un tacco calcareo alla base del quale scorre il rio Nuluttu. Si tratta di un bosco secolare la cui flora è caratterizzata dalla presenza di lecci, sugheri, roveri e arbusti della macchia mediterranea come il lentischio, il ginepro, il corbezzolo, l’ olivastro, il viburno e l’erica. Durante la primavera si possono ammirare bellissime fioriture di peonie, ciclamini e orchidee selvatiche. Per quanto riguarda la fauna è possibile avvistare la donnola, la martora, la volpe, il cinghiale, il picchio rosso e numerosi rapaci diurni e notturni.
End point of the C 553 trail, which intersects the C 552. Following the C 552 for about 1 km in an easterly direction leads to the Domu 'e Urxia temple, an important archaeological site.
Punto di arrivo del sentiero C 553, che incrocia il C 552, percorrendo il quale, a circa 1 km in direzione est, si arriva al tempio Domu 'e Urxia, importante sito archeologico
The archaeological site of Corte Lucetta, currently bisected by Provincial Road 53 connecting Esterzili with Escalaplano, is a large settlement only partially explored.
In this area, in March 1866, the Esterzili farmer Luigi Puddu, nicknamed "Pibìnca," while plowing a small field, struck a strange object with his plow, a rectangular bronze plate, in excellent condition, 60 centimeters long, 45 cm high, 5 mm thick, and weighing about 20 kilograms. The unsuspecting discoverer donated the tablet to the parish priest of Esterzili, Canon Giovanni Cardia, in exchange for two silver scudi, corresponding to the decent sum of ten lire, a small fortune at that time. Canon Cardia, who was able to assess the value of the discovery, contacted the illustrious archaeologist Canon and Senator Giovanni Spano, who studied it with interest, published it, and finally, ceded it to the National Museum of Sassari, where it is currently displayed.
The inscription, written in the time of Emperor Otho, is the sentence pronounced on March 18, 69 AD by proconsul Lucius Helvius Agrippa in the case pitting the Patulcenses, farmers arrived from Campania and settled on the island since the 2nd century BC, against the local population of the Gallilenes, guilty of not respecting the borders and creating disorder with brawls and territory occupations.
The tablet is an administrative document of extraordinary interest and a rare testimony of the situation of local communities in the imperial age, characterized by raids, guerrilla warfare, and border crossings that the Roman authority tried in vain to quell.
The epigraph was to be displayed in a public building or, in any case, significant for the populations involved, especially the Patulcenses who had every interest in exhibiting a sentence in their favor.
The search for this building and the importance of verifying the presence of settlements attributable to the chronological phase of the important document, prompted the Superintendence to carry out, between 1992 and 1994, an excavation that brought to light rectangular rooms, some of which arranged on an open paved space. The walls are preserved for only a few rows, sufficient only to identify the plan layout of the rooms.
Materials attributable consistent with the period of the tablet were recovered, consisting mainly of fragments of dolia and amphorae for food storage, everyday ceramics, and fragments of millstones for cereal processing. Numerous fragments of tiles that were to constitute the roofing were also found.
The site is of great interest in relation to the ways in which the Romanization of the inland areas of Sardinia took place and to the identification of the borders that had marked the presence of the colonists desired by Rome.
Il sito archeologico di Corte Lucetta, attualmente tagliato dalla Strada Provinciale 53 che collega Esterzili con Escalaplano, è un ampio insediamento solo parzialmente esplorato.
In questa zona, nel marzo del 1866 il contadino esterzilese Luigi Puddu, soprannominato «Pibìnca», mentre arava un campicello urtò con l’aratro uno strano oggetto, una lastra di bronzo rettangolare, in ottime condizioni, lunga 60 centimetri, alta 45 cm., spessa 5 mm. e del peso di circa 20 chilogrammi. L'ignaro scopritore donò la tavola al parroco di Esterzili, canonico Giovanni Cardia, in cambio di due scudi d'argento, corrispondenti alla discreta somma di dieci lire, un piccolo capitale in quell'epoca. Il canonico Cardia, che era in grado di valutare il pregio della scoperta, si mise in contatto con l'illustre archeologo canonico e senatore Giovanni Spano, che la studiò con interesse, la pubblicò e, infine, la cedette al Museo Nazionale di Sassari, dove si trova attualmente esposta.
L’iscrizione, redatta ai tempi dell’imperatore Otone, è la sentenza pronunciata il 18 marzo del 69 d. C. dal proconsole Lucio Elvio Agrippa nella causa che vede contrapposti i Patulcenses, agricoltori giunti dalla Campania e insediati nell’isola già dal II sec. a. C., alla popolazione locale dei Gallilenes, rei di non rispettare i confini e di creare disordine con risse e occupazioni di territorio.
La tavola è un documento amministrativo di straordinario interesse e una rara testimonianza della situazione delle comunità locali in età imperiale, caratterizzata da razzie, guerriglie e sconfinamenti che l’autorità romana cerca invano di sedare.
L’epigrafe doveva essere esposta in un edificio pubblico o, comunque, significativo per le popolazioni coinvolte, soprattutto i Patulcenses che avevano tutto l’interesse a esibire una sentenza a loro favorevole.
La ricerca di questo edificio e l’importanza di verificare la presenza di insediamenti ascrivibili alla fase cronologica dell’importante documento, spinse la Soprintendenza a effettuare, tra il 1992 e il 1994, uno scavo che portò alla luce ambienti rettangolari, alcuni dei quali disposti su uno spazio lastricato all’aperto. I muri si conservano per pochi filari, sufficienti solo a individuare la disposizione planimetrica degli ambienti.
Furono recuperati materiali ascrivibili coerenti con il periodo della tavola, consistenti soprattutto in frammenti di doli e anfore per la conservazione dei cibi, ceramiche di uso quotidiano e frammenti di macine per la lavorazione dei cereali. Numerosi sono anche i frammenti di coppi che dovevano costituire la copertura.
Il sito è di grandissimo interesse in relazione alle modalità in cui dovette avvenire la romanizzazione delle zone interne della Sardegna e all’individuazione dei confini che avevano segnato la presenza dei coloni voluti da Roma.